La maschera è un oggetto fatto con materiali diversi come legno, tela, pietra, pelle, plastica, stoffa, cartapesta che si applica in testa, sull’intero viso o solo sulla zona degli occhi.
Viene utilizzata da sempre nei più diversi contesti dai riti, alle cerimonie funebri, alle danze propiziatorie, allo scopo di stabilire un contatto tra cielo e terra, di nascondere e cambiare identità, di suscitare emozioni come la paura o lo stupore.
La maschera è stata molto usata nell’arte. Già gli uomini del Paleolitico rappresentarono un gruppo di individui mascherati nei misteriosissimi graffiti della grotta dell’Addaura sul monte Pellegrino a Palermo. E anche in Francia nelle grotte di Lescaux sono state incise figure umane coperte da maschere di animali.
Dalla più remota antichità quindi gli artisti sono stati affascinati dalla maschera e l’hanno rappresentata sia per il suo carattere magico, divinatorio, che per indagare l’animo umano.
La sensibilità degli artisti l’ha ritratta come simbolo di una umanità che può farsi brutta, grottesca, deforme, o bella se ama, o misteriosa se si affaccia a contemplare le profondità dell’inconscio.
Nel teatro veniva impiegata per caratterizzare dei tipi umani, come il padre avaro, severo o bonario, il giovane senza soldi e sempre innamorato, il soldato spaccone, lo schiavo astuto e affezionato al padroncino, per amplificare la voce degli attori, per permettere alla stessa persona di interpretare più di un ruolo.
Ma la maschera nasconde il volto umano oppure rivela un’altra identità che il corpo fisico occulta? Se dietro le nostre mille maschere non c’è ancora nessuno è possibile farsi una nuova immagine? E quale sarà la migliore?
La prof.Caterina Savasta ci parlerà di questo affascinante tema lunedì 15 maggio alle ore 21.30 presso la Sede dell’Associazione Archeosofica in Piazza dello Spirito Santo 1. L’ingresso è libero e gratuito.